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Il desiderio di un figlio è nella natura umana

Il desiderio di un figlio è nella natura umana. Le condizioni sociali nel tempo sono più volte mutate, il numero dei figli generati è diminuito, come la mortalità infantile e puerperale, le famiglie sempre meno numerose hanno assunto la condizione nucleare e ultimamente monogenitoriale. Pochi figli potrebbero significare anche figli più voluti e maggiormente investiti di attese. In questa cultura profondamente cambiata, avere un figlio a volte non è più un desiderio ma un diritto narcisistico acquisito, quasi come un prodotto commerciale. Tutto subito, in quale realtà e immersa la coppia che progetta un figlio, quali sono le motivazioni e quali le difficoltà di esaudire il desiderio e infine quali le strade dolorose per raggiungere il sogno? Detto che i giovani adulti vengono OGGI a posticipare maggiormente il momento della genitorialità cosa c’ è alla base della decisione di procreare? Certo la spinta primordiale di preservare la specie, ma oggi questa motivazione è anche molto mediata da un condizionamento culturale, dal clima relazionale in cui viviamo. Voci dentro di noi dicono “voglio un figlio perché ti amo voglio un figlio per sentirmi realizzato, un figlio perché tutti lo fanno, perché tutti se lo aspettano da noi, un figlio perché non arriva...” Inizia così il doloroso cammino delle gravidanze a lungo desiderate, pensare di volere un figlio sembra diventare la voce più importante che risuona nella coppia e mai come oggi nella coppia infertile. Sembra non avere esitazioni ad essere pronta ad ogni sacrificio nel lungo e variegato percorso della procreazione medicalmente assistita che richiede un notevole impegno economico. Iniziano i pellegrinaggi dai vari ginecologi che propongono una serie di soluzioni in progress. Da un iniziale bombardamento di ormoni fino ad una FIVET o gravidanza con donatore maschile o femminile. Spesso in Consultorio bisogna fare i conti con il dolore mentale delle coppie che arrivano in cerca di un sostegno psicologico, come genitori delusi, genitori di bambini cosiddetti “di un'altra nascita” frutto delle tecniche di Procreazione Medica Assistita (PMA) Ascolto spesso genitori che hanno bambini fortemente voluti fortemente cercati dopo tanti tentativi falliti. Percorsi questi che minano spesso la coppia, c e il senso di fallimento iniziale. La sterilità presenta sempre un senso di inadeguatezza, di diversità nella donna e aumenta nel confronto nella società il senso depressivo di inutilità, mentre la sterilità maschile mina il senso di mascolinità a danno dell’autostima. Spesso questi percorsi sono segreti, quasi sia una vergogna non potere riprodursi. I costi elevati di questi tentativi aggiungono altri problemi, e spesso la coppia si ritrova delusa col conto azzerato Se è vero che la gravidanza è un laboratorio di speranze, paure e interrogativi, quale può essere una gravidanza ottenuta con tante paure e tanti tentativi di un bambino che cresce ma è stato concepito in vitro o peggio l’ovulo impiantato nella madre è stato donato, o ancora lo spermatozoo è di un donatore segreto che rimarrà sconosciuto. Questa non è una gravidanza un po’ affollata di paure, fantasie sensi di inferiorità? Col concepimento prende forma un triangolo che può già nel desiderio di un figlio far parte di un triangolo interno ancora non conosciuto non pensato. La coppia durante la gravidanza necessita della creazione diun utero mentale in cui immaginare il figlio, uno spazio dove riporre i sogni, il desiderio, le paure e i timori di essere genitori inadeguati, il ripercorrere quella che è stata la tua esperienza di figlio che porta a confrontarsi con la propria storia. Ma di che storia stiamo parlando in una gravidanza di un bambino di PMA? Quanto la coppia che era cosi infelice e frustrata riuscirà ad essere pienamente serena, ora che finalmente avrà il figlio desiderato di cui non sa un pezzo di eredità generazionale? Ho avuto in colloquio una coppia di un meraviglioso bambino avuto all’estero, il cui padre era sterile e la madre una professionista molto impegnata in età avanzata. Questo bimbo di due anni era diventato molto inquieto e alla scuola materna era violento con i compagni. La situazione presto si era evidenziata: la mamma tutti i giorni rientrava alle 19 e il padre spesso era via per lavoro. Il bimbo stava all’asilo dalle 8 mezzo alle 19! Si era cercato di mutare le abitudini con molta fatica e riflettere sui tempi di contatto con i genitori e sul dolore mentale della preoccupazione. Spesso la nonna paterna andava a ritirare il nipotino un po’ prima del termine della scuola, ma stremata dai capricci ripetuti aveva detto alla nuora” chi sa di chi è figlio per essere così!” Una donna manager compiuti i 45 anni decise, non avendo un compagno, di intraprendere una gravidanza con una inseminazione artificiale. Sempre per ragioni disciplinari era giunta in colloquio: non vedeva quasi mai il figlio di sette anni appoggiato a sua madre e a una baby-sitter. Il bambino molto inquieto incredibilmente non aveva mai chiesto notizie di suo padre! In più la signora riferiva una gravidanza pessima, il timore di perdere il bambino insieme a sentimenti di profonda paura dell’imponderabile e il desiderio più volte di abortire. La felicita della nascita ma l’incapacità di prendersene cura. Non tutte le storie sono queste, certo è che ancora non sappiamo quale sarà la vita di questi figli che dovranno in parte ricostruire le proprie origini con la sofferenza che già osserviamo nelle adozioni. Questi percorsi sono ancora inesplorati, ma è indubbio che c’ è un vuoto che va colmato tra l’onnipotenza di avere un figlio a tutti i costi e la complessità di entrare in relazione col figlio così idealizzato di cui poco si sa circa le sue origini. Ascoltando i timori e le fantasie dei genitori emerge sempre quanta sia la fatica nell’adozione di colmare, di illustrare il vuoto del passato del proprio figlio. Questa situazione è diversa, partorire un figlio che non è stato concepito in te o il cui seme o ovulo è stato donato apre una nuova serie di problematiche che si svilupperanno negli anni a venire anche sui nascituri. In vari convegni pediatrici si parla di “outcome tardivi” che riguardano lo sviluppo neurocognitivo: disturbo del comportamento, del linguaggio, deficit di attenzione, iperattività, rischi conclamati di nascite pretermine. Ci sono dati sui primi giovani PMA con maggiori problemi di ansia e dipendenze. Certo non va demonizzato questo argomento sono solo una serie di ipotesi di possibili rischi collegati a queste metodiche.